Premio Nobel per la medicina e la fisiologia: passi avanti per l’immunologia

Il Premio Nobel per la medicina e la fisiologia 2025 è stato assegnato a tre ricercatori: Mary E. Brunkow, Fred Ramsdell e Shimon Sakaguchi, per le loro scoperte sulla tolleranza immunitaria periferica, ovvero sui meccanismi alla base della difesa dalle infezioni o, al contrario, dell’insorgenza delle malattie autoimmuni.

Ramsdell e il suo team hanno identificato la proteina FOXP3 (Forkhead Box P3) nei bambini affetti da una rara sindrome autoimmune, la IPEX, e hanno scoperto che questa proteina svolge un ruolo chiave nello sviluppo delle cellule T regolatrici (T reg), che contrastano tra l’altro le risposte immunitarie dannose in una serie di malattie autoimmuni.
Il riconoscimento ha una valenza molto importante per l’immunologia e per la reumatologia.

Maria Antonietta D’Agostino, professoressa ordinaria di Reumatologia all’Università Cattolica del Sacro Cuore, direttrice della UOC di Reumatologia di Fondazione Policlinico A. Gemelli Irccs e responsabile del progetto GEMIN (Gemelli Multidisciplinary Immunology Network), spiega: «sono scoperte relative alla tolleranza dell’immunità e all’autoimmunità, meccanismi che rappresentano il cuore della patogenesi delle malattie autoimmuni.

Maria Antonietta D’Agostino

La scoperta del fattore di regolazione FOXP3 e delle cellule T-reg ha contribuito a rivoluzionare la comprensione di cosa sia l’equilibrio immunologico e di come il nostro sistema immunitario, anziché combattere solo verso l’esterno, a volte diventi aggressore di sé stesso. E l’aggressione nei confronti dei nostri tessuti è appunto alla base delle malattie autoimmuni, da quelle reumatologiche, al diabete di tipo 1, alla sclerosi multipla.

In reumatologia abbiamo potuto studiare molto bene il ruolo di queste cellule fondamentali in alcune patologie, come l’artrite reumatoide, il lupus, la sindrome di Sjögren, le connettiviti indifferenziate.  Abbiamo visto come il difetto delle T-reg possa essere sia quantitativo ma anche qualitativo e di come le T-reg possano contribuire alla patogenesi delle malattie autoimmuni, sbilanciando la risposta immunitaria.

Ecco perché la modulazione delle cellule T-reg rappresenta la speranza di nuove prospettive terapeutiche; ad esempio, nell’artrite reumatoide refrattaria e nel diabete di tipo 1 sono in corso trial sperimentali per cercare di rimodulare la loro efficacia o di espanderle, così da aiutare il nostro sistema immunitario a controllare l’autoimmunità».

Nella Fondazione Policlinico Gemelli e nella Facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore è attivo dall’inizio dei quest’anno GEMIN (Gemelli Multidisciplinary Immunology Network). Il progetto mira a mettere in contatto le diverse realtà che all’interno del ‘Campus Gemelli’ sono impegnate nella ricerca immunologica, per creare una rete di ricercatori e favorire sinergie di ricerca bench to bedside, da quella di base, a quella traslazionale a quella applicativa clinica. 

«Il primo step di questo ambizioso progetto è stato quello di mappare l’esistente, per poi perseguire l’obiettivo di consolidare e unificare diverse tematiche, in aree di ricerca affini», spiega la responsabile del progetto.

«All’interno di alcune discipline operano realtà specifiche, che sono già eccellenze in ambito immunologico traslazionale; ma l’idea è quella di spingerci oltre, realizzando delle sinergie affinché si possano creare gruppi di lavoro comuni su nuove progettualità, che possano portare questo tipo di ricerca a livelli ancora più alti.

La mappatura di queste realtà ci ha permesso di identificare aree tematiche che possono essere raggruppate, in macro-aree comuni, nelle quali il sistema immunitario gioca un ruolo preponderante. È il caso ad esempio dell’infiammazione acuta, dell’infiammazione in corso di infezioni, dell’autoimmunità, comune a tante discipline, da quelle reumatologiche, ad alcune patologie neurologiche, della medicina rigenerativa, della risposta infiammatoria acuta e cronica in ambito cardio-metabolico, fino all’immunità dei tumori.

Dopo aver mappato le principali aree nelle differenti discipline, ci siamo accorti che queste potevano essere raggruppate in tematiche più ampie, che possono beneficiare di interazioni comuni, ma anche di condivisione di tecnologie e di conoscenze. L’ascolto di quello che avviene in altre discipline, ci permette di capire quali aspetti potrebbero essere rilevanti anche per la nostra disciplina».