L’uso della tirzepatide nelle ipoglicemie refrattarie

La prestigiosa JCEM Case Reports ha recentemente pubblicato il promettente risultato di una ricerca condotta dall’Unità Operativa Complessa di Endocrinologia dell’Ospedale “F.Miulli” di Aquaviva delle Fonti.

Per la prima volta, è stata impiegata la tirzepatide nel trattamento delle ipoglicemie refrattarie gravi, non controllabili con i protocolli terapeutici convenzionali. 

Un case study su cui riflettere

A seguito di un intervento di rimozione totale di stomaco e duodeno, una donna di 40 anni presentava ipoglicemie severe e ricorrenti. Nonostante i numerosi tentativi terapeutici, gli episodi persistevano frequentemente, anche più volte al giorno, compromettendo la qualità di vita della paziente.

Presso il reparto diretto dal prof. Sebastio Perrini, docente della Scuola di Medicina della Libera Università Mediterranea “Giuseppe Degennaro”, è stato ipotizzato che la causa potesse essere legata alla perdita di ormoni intestinali incretinici, in particolare GIP e GLP-1, normalmente coinvolti nel controllo dell’insulina e della glicemia.

La doppia azione su GIP e GLP-1

Gli endocrinologi del “Miulli” hanno stabilito che le crisi ipoglicemiche venivano innescate dall’eccessiva risposta insulinica, determinata a seguito dalla carenza di incretine. L’introduzione della tirzepatide, antagonista duale dei recettori GIP e GLP-1, ha mostrato, fin dalla prima somministrazione, un netto miglioramento del profilo glicemico e della qualità di vita della paziente.

Il farmaco, infatti, mima l’azione fisiologica di entrambi gli ormoni, stimolando la secrezione insulinica in condizioni di iperglicemia e limitando la sua produzione in situazioni di ipoglicemia. La terapia ha, inoltre, mantenuto i suoi effetti nel tempo senza dare luogo a significativi effetti avversi. 

Implicazioni cliniche

Il caso conferma come la comprensione dei meccanismi endocrini e la flessibilità nell’uso di molecole innovative possano aprire nuove prospettive terapeutiche.

La tirzepatide potrebbe rivelarsi utile non solo in pazienti diabetici o obesi, ma anche in soggetti con ipoglicemie secondarie a interventi gastrici o a disturbi dell’assorbimento intestinale.

L’esperienza del Miulli pone le basi per studi clinici controllati che portino alla definizione del ruolo della tirzepatide nella gestione delle ipoglicemie complesse e dei disordini metabolici post-chirurgici.

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