Tumore della prostata: innovazione, rete e territorio per migliorare la cura

Solo nel Lazio ogni anno si registrano oltre 32 mila nuovi casi di tumore e più di 46 mila ricoveri ospedalieri legati a patologie oncologiche, come riportato dal Registro Tumori del Lazio.

I numeri dimostrano l’impatto crescente del cancro sulla salute pubblica regionale e la necessità di rafforzare strategie di prevenzione, diagnosi precoce e continuità assistenziale, per migliorare la qualità e l’aspettativa di vita dei pazienti. 

Questi temi sono stati al centro del tavolo clinico-istituzionale “Oncologia nel Lazio. Diagnosi precoce, innovazione terapeutica e sostenibilità: migliorare gli outcome di cura”, promosso da DiCo Sanità.

L’incontro ha riunito istituzioni regionali, clinici, farmacisti e rappresentanti dei pazienti, con l’obiettivo di favorire l’accesso precoce alla diagnosi e alle cure oncologiche, valorizzare l’appropriatezza prescrittiva e garantire sostenibilità economica e percorsi di cura continuativi.

Tra i temi al centro di dibattito, particolare attenzione è stata dedicata al tumore alla prostata: la neoplasia più frequente tra gli uomini in Italia, che ogni anno registra circa 40 mila nuovi casi (dati dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica). 

I tassi di sopravvivenza a cinque anni superano ormai il 90%. Tuttavia, il tumore della prostata resta una sfida sanitaria significativa: ogni anno si registrano oltre 8.200 decessi e i nuovi casi sono destinati a crescere dell’1% all’anno fino al 2040. Solo in questa Regione, ogni anno vengono diagnosticati più di 3.000 nuovi casi di tumore della prostata, pari al 9,4% di tutte le neoplasie della regione (dati dal documento ufficiale PDTA Neoplasia Prostatica della Regione Lazio).

L’innovazione terapeutica e tecnologica rappresenta oggi uno strumento fondamentale per migliorare gli esiti di cura dei pazienti. Allo stesso tempo, l’introduzione di nuove terapie comporta sfide significative: garantire accesso equo, sostenibilità e appropriatezza clinica richiede strategie mirate, programmi di screening capillari e l’uso di strumenti di telemedicina e digital health.

 Gli esperti hanno sottolineato l’importanza della diagnosi precoce e della collaborazione tra ospedale e territorio, promuovendo modelli organizzativi integrati, approccio multidisciplinare e personalizzazione delle cure.

Il tumore della prostata, in particolare, ha origini multifattoriali legate a fattori genetici e ambientali. Tra i principali fattori di rischio si annoverano l’età, la storia familiare, le mutazioni genetiche, la sindrome metabolica, l’obesità, lo stile di vita e l’alimentazione, oltre al fumo e al consumo di alcol. In Italia, circa il 27% degli uomini adulti sono fumatori e l’11% presenta obesità, condizioni che possono aumentare l’aggressività della malattia. La familiarità gioca un ruolo significativo: circa un paziente su dieci sviluppa una forma ereditaria della patologia, e tra coloro con carcinoma metastatico il 12% presenta mutazioni ereditarie nei geni coinvolti nella riparazione del DNA, in particolare nel gene BRCA2.

Fabio Calabrò, direttore di Oncologia Medica 1 dell’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena (IRCCS), ha dichiarato: «Le principali innovazioni terapeutiche nel tumore della prostata stanno cambiando la prospettiva clinica dei pazienti, grazie all’introduzione di farmaci a target molecolare e, più di recente, alla medicina di precisione supportata dall’intelligenza artificiale. L’obiettivo è duplice: individuare i soggetti ad alto rischio e personalizzare il trattamento, evitando over-treatment e garantendo appropriatezza prescrittiva. Questo approccio è indispensabile in un contesto in cui in Italia si registrano oltre mezzo milione di persone con una diagnosi di tumore prostatico. Parallelamente, la costruzione di reti oncologiche regionali e l’attivazione di piattaforme digitali condivise rendono possibile una gestione realmente multidisciplinare, in cui medici di base, specialisti e centri di riferimento collaborano in modo integrato. Questo modello migliora l’accesso alle cure, la sostenibilità del sistema e la qualità di vita dei pazienti, che possono essere seguiti vicino casa quando la condizione clinica lo consente».

Sulla stessa linea, Bernardo Maria Cesare Rocco, direttore U.O.C. Clinica Urologica del Policlinico Universitario Agostino Gemelli – Università Cattolica del Sacro Cuore, ha sottolineato: «Nel tumore della prostata la vera innovazione è saper unire efficacia, appropriatezza e sostenibilità. Lo screening deve essere mirato: rivolto a chi presenta familiarità o rischio genetico, integrando PSA e risonanza magnetica senza contrasto, così da ridurre la mortalità evitando l’over-treatment. È tempo di un modello nazionale, equo, che non lasci differenze tra regioni. La qualità delle cure dipende anche dall’organizzazione: interventi complessi nei centri ad alto volume e una rete che colleghi ospedali, medici di base e specialisti. Solo un lavoro multidisciplinare garantisce decisioni più precise e percorsi più rapidi. Dobbiamo adottare una medicina di misura: dal massimo trattamento tollerato al minimo trattamento efficace. È questa la chiave per offrire cure di valore ai pazienti e un sistema sanitario davvero sostenibile». 

In questo contesto, Fabio De Lillo, responsabile del Coordinamento Attività Strategiche Spesa Farmaceutica, ha evidenziato come la rete oncologica regionale rappresenti un modello integrato che unisce istituzioni, professionisti e mondo scientifico per individuare le strutture di riferimento e implementare i PDTA dedicati alle diverse patologie oncologiche. «È fondamentale che la rete oncologica centrale dialoghi con il territorio. A supporto di questa rete è stata istituita anche una rete delle anatomie patologiche, che consente una valutazione rapida dei casi sospetti di tumore. Un ruolo centrale è svolto inoltre dallo screening oncologico, coordinato dal Dipartimento di Epidemiologia della Regione Lazio, che permette di intercettare precocemente le formazioni tumorali e di sensibilizzare i cittadini all’importanza della diagnosi preventiva. La rete oncologica, nel suo insieme, opera in modo capillare su tutto il territorio regionale, ma è necessario un crescente coinvolgimento e una maggiore partecipazione da parte dei cittadini».

Emerge quindi il ruolo chiave del medico di medicina generale, protagonista attivo nel percorso oncologico e primo presidio di salute sul territorio. Il suo contributo è strategico in tre direzioni principali: favorire prevenzione e diagnosi precoce, garantire una presa in carico integrata e continua, e contribuire al superamento della frammentazione dei percorsi assistenziali. L’oncologia moderna deve diventare una rete di cura diffusa, in cui il territorio è parte integrante del sistema. Grazie agli strumenti digitali e ai percorsi condivisi con gli specialisti, il medico di famiglia diventa un vero e proprio costruttore di percorsi di cura, partecipando alla progettazione dei flussi assistenziali e garantendo equità di accesso e qualità delle cure in ogni fase della malattia.

Come ha sottolineato Walter Marrocco, responsabile scientifico della FIMMG (Federazione Italiana Medici di Medicina Generale): «La medicina generale non è un anello accessorio della rete oncologica, ma il suo punto di partenza e di continuità. Se vogliamo migliorare davvero gli outcome di cura nel Lazio, dobbiamo costruire una rete che parli un linguaggio comune, che metta il paziente al centro e che riconosca nel medico di famiglia il riferimento costante lungo tutto il percorso di malattia e di vita.  È questa la sfida che, come FIMMG, siamo pronti ad affrontare, insieme alle istituzioni, agli specialisti e ai pazienti, per un’oncologia più umana, più integrata e più vicina alle persone».

Il tavolo clinico-istituzionale ha rilanciato la sfida di una rete oncologica più efficace e vicina, puntando su nuovi programmi di screening, collaborazione con i medici di medicina generale e sinergia tra professionisti per garantire cure tempestive e personalizzate. Tra le priorità emerse con l’obiettivo di migliorare la qualità di vita dei pazienti e assicurare uguali opportunità di cura in tutto il territorio, figurano:

  • innovazione, 
  • formazione continua,
  •  riduzione delle tossicità dei trattamenti.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui