A Palermo prima somministrazione di teplizumab per il diabete di tipo 1

(immagine: Canva)

Il diabete di tipo 1 è una malattia autoimmune che determina la distruzione progressiva delle isole del Langherans, deputate alla produzione di insulina, per questo, i pazienti affetti da questa forma di diabete sono insulinodipendenti. Gli anticorpi coinvolti nel processo sono l’anti-GAD, l’anti-IA2 e l’antitrasportatore 8 dello zinco. Il diabete di tipo 1 si manifesta tra i 6 mesi e i 30 anni, con picchi intorno ai 5 anni e tra i 10 e 12 anni.

Grazie a un nuovo anticorpo monoclonale, teplizumab, approvato negli USA dalla FDA nel 2022, i pazienti con diabete di tipo 1 non ancora insorto possono sperare di ritardarne l’esordio.

Per individuare i pazienti, le indicazioni terapeutiche sono presenza di disglicemia e positività ad almeno due autoanticorpi. In Europa non c’è ancora stata approvazione del farmaco e in Italia si può utilizzare solo previa richiesta di uso compassionevole.

È quanto successo a Palermo, presso l’UOC di Malattie Endocrine, del Ricambio e della Nutrizione del Policlinico Paolo Giaccone, dove è stata effettuata la prima infusione di teplizumab italiana. A riceverla una paziente di 23 anni in fase di prediabete.

I vantaggi del farmaco

L’iter terapeutico con teplizumab richiede una somministrazione intravenosa al giorno, della durata di circa mezzora, per 14 giorni consecutivi, con dose che cambia in proporzione alla superficie corporea del ricevente.

L’iter per l’uso compassionevole è stato seguito dalla prof.ssa Valentina Guarnotta, convinta che «il teplizumab rappresenti una terapia valida e concreta in tutti i pazienti con predisposizione all’insorgenza del diabete mellito di tipo 1, grazie alla sua capacità di ritardarne in maniera significativa l’esordio, segnando una svolta scientifica nell’approccio alla malattia».

Concorda anche il prof. Giorgio Arnaldi, direttore dell’UO coinvolta, che aggiunge i suoi ringraziamenti all’équipe medica, al team infermieristico e alla dirigenza che hanno permesso l’avvio di questa terapia.

Maria Grazia Furnari, direttrice generale dell’azienda palermitana, sottolinea: «Questa terapia rappresenta un passo significativo nel trattamento della malattia e sottolinea il nostro impegno costante nel fornire cure all’avanguardia, finalizzate a migliorare la qualità della vita dei nostri pazienti. La gestione del diabete è una sfida complessa, che richiede un approccio personalizzato e multidisciplinare, e sono orgogliosa di poter affermare che il nostro personale sanitario ha lavorato con competenza e dedizione per garantire il miglior piano terapeutico possibile per la paziente».

Un trattamento efficace, ma da personalizzare

Se è vero che i risultati dello studio TN-10 su teplizumab (10.1056/NEJMoa1902226) ha fornito risultati di efficacia interessanti, è anche vero che le risposte ottenute dai pazienti sono state eterogenee. In particolare, circa il 43% dei partecipanti allo studio non hanno risposto alla terapia. Diventa quindi interessante capire come individuare i pazienti capaci di rispondere a teplizumab. Alcune ricerche sono già in atto.
Una, pubblicata su Science Translational Medicine nel 2023, ha indagato il ruolo del metabolita intestinale e, in particolare, la capacità dei pazienti di dare risposte immunitarie forti contro due tipi di batteri, Bifidobacterium longum o Enterococcus faecalis.

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