Le agenzie regolatorie e i clinici si trovano oggi a gestire una nuova e significativa opzione terapeutica nella lotta al rischio cardiovascolare residuo: l’icosapent etile (IPE), un derivato purificato dell’acido eicosapentaenoico (EPA) appartenente alla famiglia degli omega-3.

Stefano Palcic, direttore della Governance Farmaceutica Territoriale presso l’Azienda Sanitaria Universitaria Giuliano Isontina e professore di Farmacoeconomia presso l’Università degli Studi di Trieste, ha chiarito il valore di questa molecola, che ha superato lo scetticismo storico associato ai composti a base di omega-3, l’importanza dell’appropriatezza prescrittiva e i benefici del suo impiego anche per la sostenibilità del SSN.
Necessaria distinzione farmacologica: IPE vs omega-3 PUFA
Per comprendere il successo dell’IPE, è essenziale partire dal contesto dei precedenti farmaci a base di omega-3 PUFA (acidi grassi polinsaturi). Questi composti, pur utilizzati per anni in Italia, disciplinati dalla ex Nota 94 di AIFA, avevano offerto risultati clinici “chiaroscurali”.
«A causa di studi clinici deludenti in termini di efficacia sugli outcome cardiovascolari hard, l’Agenzia Italiana del Farmaco, nel 2019 ha deciso di abolire la Nota 94, interrompendo di fatto la rimborsabilità di quegli Omega-3 per l’indicazione di prevenzione secondaria. Questi composti precedenti, assoggettati alla Nota 13, sono oggi rimborsabili unicamente per l’ipertrigliceridemia grave (oltre 500 mgl/dl), le iperchilomicronemie e l’iperlipidemia familiare combinata», ha spiegato il prof. Palcic.
La differenza sostanziale che eleva l’IPE a farmaco con autorizzazione all’immissione in commercio – AIC, e rimborsabilità risiede nella sua purificazione, nella tecnica farmaceutica e, soprattutto, nell’avere superato i trial clinici con endpoint hard.
Lo studio Reduce-IT: efficacia su outcome hard
L’approvazione dell’IPE da parte di EMA e quindi di AIFA è interamente ascrivibile ai dati clinici dello studio registrativo Reduce-IT. Questo trial multicentrico di fase III, randomizzato in doppio cieco e controllato con placebo, ha coinvolto oltre 8.000 pazienti ad alto rischio in trattamento massimale con statine, in presenza di ipertrigliceridemia residua, con un follow-up di quasi 5 anni (4,9).
I risultati hanno dimostrato un’efficacia significativa nella prevenzione degli eventi cardiovascolari avversi maggiori (MACE): «lo studio ha evidenziato un -25% di eventi cardiovascolari nella coorte totale, come endpoint primario (tempo al primo evento tra cui: morte cardiovascolare, infarto del miocardio non fatale, ictus non fatale, rivascolarizzazione) e un -27% di eventi nella prevenzione secondaria.
L’efficacia è risultata ancora più marcata nei sottogruppi a rischio elevato, raggiungendo un -35% di eventi nei pazienti con precedente infarto miocardico».
Efficacia dell’IPE sulla placca aterosclerotica: lo studio Evaporate
Sebbene l’approvazione regolatoria si basi primariamente sulla riduzione degli eventi clinici dimostrata da Reduce-IT, lo studio Evaporate (Effect of Vascepa on Progression of Atherosclerosis in Patients with Elevated Triglycerides) è fondamentale perché supporta il meccanismo antiaterosclerotico e di stabilizzazione della placca dell’icosapent etile, alla base della riduzione del rischio cardiovascolare.
Lo studio di imaging Evaporate ha inteso valutare l’effetto dell’icosapent etile sulla placca aterosclerotica coronarica e sulle sue caratteristiche, utilizzando la tomografia computerizzata a coerenza ottica (OCT) e l’angiografia coronarica multidetettore (MDCTA).
I risultati dello studio hanno evidenziato che il trattamento con IPE ha portato a una regressione della placca aterosclerotica e alla sua stabilizzazione, in particolare riducendo il volume della placca a bassa attenuazione (LAPC), considerata a maggior rischio di rottura.
Il valore dell’NNT
Un dato cruciale che sottolinea l’impatto clinico è il numero di pazienti da trattare – NNT, per evitare un evento: «per l’IPE, l’NNT è di 21 tra tutti i pazienti trattati. Nei pazienti più a rischio, l’efficacia aumenta: l’NNT scende a 16 o anche 12 per le situazioni cliniche più gravi, dimostrando una ancora maggiore efficacia.
Nella popolazione a rischio più alto dove l’NNT oscilla intorno a 13, trattando 7 mila pazienti in 3 anni si riescono a evitare 548 eventi cardiovascolari e 61 morti con un importante risparmio in termini di costi sanitari diretti».
Appropriatezza prescrittiva: il piano terapeutico AIFA
Nonostante l’indicazione europea più ampia, in Italia AIFA ha stabilito un Piano Terapeutico estremamente selettivo per garantire la rimborsabilità, riservando la prescrizione agli specialisti.
«La rimborsabilità è un trattamento riservato a pazienti con malattia cardiovascolare accertata, con BMI > 27, in terapia di combinazione – statine ad alta potenza alla massima dose tollerata più ezetimibe – con LDL a target inferiore a 70 mlg/d e con ipertrigliceridemia residua >200 mlg/dl».
Questa appropriatezza prescrittiva è cruciale, «in quanto mira a selezionare i pazienti con il rischio residuo maggiore che possono trarre il massimo beneficio clinico, rispettando al contempo l’esigenza di sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale».
Vantaggi farmaco-economici e monitoraggio real world
Il prof. Palcic ha sottolineato che il valore aggiunto del farmaco non si esaurisce solo con un significativo beneficio per i pazienti, ma si sostanzia anche in un vantaggio farmaco-economico, superando la mera valutazione del prezzo della singola molecola.
«Un farmaco che riduce gli eventi cardiovascolari implica direttamente una riduzione delle ospedalizzazioni e quindi uno sgravio di costi diretti per il SSN con una chiara convenienza farmaco-economica.
In una logica di Health Technology Assessment, sarebbe interessante fare una valutazione puntuale della riduzione dei costi complessivi – come le degenze ospedaliere o la riduzione delle visite specialistiche che contribuiscono ad abbattere le lunghe liste di attesa».
Da qui anche l’esigenza di non fermarsi ai dati degli studi randomizzati – RCT, ma di proseguire con un monitoraggio continuo nella real world.
«Gli RCT restano il gold standard, ma mi piacerebbe disporre di una valutazione continuativa e real world. Come sistema pubblico, sarebbe interessante monitorare cosa succede utilizzando il farmaco in una popolazione più ampia e variegata e scoprire se magari nella vita reale è anche più efficace di quanto emerso nel trial».
Per far questo sarebbero indispensabili infrastrutture, dati interoperabili e senza bias e una metodologia rigorosa.
«L’obiettivo è altresì sapere non solo quanto rimborsiamo come SSN, ma quanta salute riusciamo a produrre per i nostri pazienti», ha concluso il prof. Palcic.



