A inizio anno, il Centro operativo Aids (COA) dell’Istituto Superiore di Sanità ha fornito i dati relativi alle nuove diagnosi per HIV effettuate nel 2023:sono stati notificati 2349 casi, che potrebbero diventare 5 mila a notifiche concluse.
Circa un terzo dei casi è stato registrato in Lombardia. Numeri che sembrano invertire la tendenza dell’ultimo periodo alla diminuzione.
Il tema è stato affrontato durante il 12° workshop nazionale del Coordinamento Italiano per lo studio dell’allergia in infezione da HIV (CISAI), dal titolo “Tollerabilità dei farmaci antinfettivi e comorbilità associate all’infezione da HIV”, tenutosi a Milano. I pazienti infetti da HIV, in Italia sono 140 mila, distribuiti soprattutto nelle grandi città, Roma, Milano e Bologna.
Tante le diagnosi tardive, effettuate a causa di sintomi già manifesti, motivo che spiega anche l’origine principale delle nuove infezioni, che è quella sessuale. Infatti, se i pazienti non sono consapevoli di essere infetti non si sottopongono a terapie e di conseguenza continuano a contagiare.
In merito alla tardività delle diagnosi Paolo Bonfanti, direttore delle Malattie Infettive della Fondazione Irccs San Gerardo dei Tintori di Monza e professore presso l’Università Milano-Bicocca, sottolinea: «è particolarmente preoccupante che due terzi degli eterosessuali e oltre la metà dei maschi omosessuali siano diagnosticati tardivamente, una quota in continuo aumento dal 2015. Questo sottolinea l’urgenza di estendere capillarmente la promozione del test HIV per individuare precocemente le infezioni e migliorare la presa in carico».
Le ragioni dell’incremento
Secondo Antonio Di Biagio, professore associato di Malattie infettive presso l’Università di Genova, medico infettivologo della Clinica Malattie Infettive Irccs AOU San Martino-IST di Genova, «questo incremento post 2020 potrebbe riflettere un recupero delle diagnosi mancate durante la pandemia di Covid-19, che ha influito sui servizi per l’HIV. È fondamentale continuare a monitorare l’epidemia e promuovere il test anche nelle persone di età più avanzata con una bassa percezione del rischio».
Nel corso del workshop l’attenzione si è concentrati anche sulla gestione del paziente con HIV che invecchia, ad oggi raramente si muore di HIV se si è in cura.
I pazienti con HIV hanno un invecchiamento più accelerato e spesso manifestano patologie croniche non trasmissibili prima dei coetanei non infetti. Occorre, quindi, cooperare con altre branche della medicina, dalla diabetologia alla cardiologia, dalla psichiatrica all’oncologia.
Infine, occorre che i farmaci prescritti seguano il principio della appropriatezza, puntando a un approccio sempre più personalizzato, mirato ed efficace.



