Per migliorare la diagnosi di tumori ad alta intensità è stata avviata presso l’Irccs Ospedale San Raffaele di Milano la sperimentazione clinica di fase 1 di due radiofarmaci: OncoCAIX per il carcinoma renale a cellule chiare. Si tratta di una molecola contenente un atomo radioattivo, usata a scopi diagnostici o terapeutici utilizzata per la prima volta al mondo; e OncoACP3, utilizzato per la prima volta in Italia per il tumore della prostata. Entrambe le molecole sono state scoperte e sviluppate da Philochem, sponsor della ricerca.
Il carcinoma renale a cellule chiare e il tumore alla prostata metastatico
Il carcinoma a cellule chiare del rene è la forma più comune di tumore renale, di cui rappresenta il 70-80% dei casi. Stando a stime accreditate, ogni anno nel nostro Paese di registrano circa 13.500 nuove diagnosi, con una maggiore prevalenza nel sesso maschile. La sua peculiarità è l’assenza di sintomi nelle fasi iniziali, ragione per cui viene spesso scoperto nel corso di altre indagini, spesso tardivamente. Altresì, in caso di lesioni sospette si ricorre raramente alla biopsia per rischio di sanguinamento, prediligendo la chirurgia con interventi di nefrectomia praticati anche laddove la lesione potrebbe non essere maligna.
Il tumore della prostata rappresenta invece la più frequente forma neoplastica nella popolazione maschile con 41mila nuove diagnosi annue nel nostro Paese e un’incidenza che aumenta con l’età. Per quanto la maggioranza dei casi sia a crescita lenta, una quota consistente evolve in forme metastatiche nonostante la terapia ormonale.
Nell’iter diagnostico abituale si inizia con l’esame del PSA, l’ecografia transrettale e la biopsia prostatica, seguiti da imaging avanzato per la stadiazione.
Lo studio di fase 1 con i due radiofarmaci
Lo studio, interamente lombardo e multicentrico, coordinato dal prof. Arturo Chiti, direttore dell’Unità di Medicina Nucleare dell’Irccs Ospedale San Raffaele e ordinario di diagnostica per Immagini e Radioterapia all’Università Vita-Salute San Raffaele, può contare sulla partecipazione anche dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano e dell’Asst Papa Giovanni XXIII di Bergamo, e punta a valutare la sicurezza e l’accuratezza diagnostica, con l’obiettivo di migliorare anche la stadiazione della malattia.
«Questa sperimentazione rappresenta un passo importante verso una medicina nucleare sempre più precisa e mirata – ha spiegato il prof. Chiti – Le due molecole sono infatti progettate per legarsi a bersagli tumorali specifici, migliorando l’accuratezza diagnostica e consentendo una stratificazione più precisa dei pazienti.
Ci aspettiamo che queste molecole siano più performanti rispetto a quelle standard, non solo per la precisione diagnostica, ma anche per un eventuale approccio terapeutico.
In linea con altre applicazioni cliniche, infatti, è possibile adottare un approccio teranostico, che consente di modificare la radioattività della molecola impiegata per la diagnosi, trasformandola in uno strumento terapeutico. Questo significherebbe non solo una diagnosi migliore, con una migliore caratterizzazione, ma anche una terapia più efficace e personalizzabile, con un impatto diretto importante sulla qualità di vita dei pazienti».
Per quanto riguarda il carcinoma renale, un radiofarmaco come OncoCAIX potrebbe rappresentare una alternativa non invasiva nella diagnosi di lesioni renali, permettendo di distinguere con maggiore precisione lesioni benigne e maligne.
Nel tumore della prostata, un radiofarmaco come OncoACP3 potrebbe invece migliorare significativamente la qualità e precisione delle immagini diagnostiche, consentendo di scegliere percorsi terapeutici più mirati e personalizzati.
Importanza dell’approccio multidisciplinare
L’avvio della sperimentazione è frutto della sinergia, all’interno dell’Irccs Ospedale San Raffaele, delle Unità di Medicina Nucleare del prof. Chiti, dell’Unità di Urologia diretta dal prof. Francesco Montorsi e del Comprehensive Cancer Center diretto dal prof. Fabio Ciceri.
«La personalizzazione della cura passa necessariamente da un approccio multidisciplinare – ha chiarito il prof. Ciceri.
Solo attraverso il confronto continuo possiamo garantire una presa in carico efficace, dalla diagnosi alla terapia, fino alla ricerca clinica più avanzata come in questo caso».
L’approccio integrato è ciò che rende possibile il rapido avvio di protocolli innovativi come quello in corso, consentendo allo studio di proseguire rapidamente verso una fase 2.
«È nella collaborazione tra competenze diverse che risiede la vera forza del San Raffaele – ha enfatizzato il prof. Montorsi.
Lavorare fianco a fianco con i colleghi della Medicina Nucleare e del Comprehensive Cancer Center ci consente di costruire percorsi più precisi e tempestivi, sempre a misura del paziente, garantendo le migliori cure».
L’arruolamento dei pazienti
I pazienti candidabili, con sospette lesioni renali o tumore della prostata possono proporsi per essere sottoposti all’esame diagnostico con radiofarmaci standard, cui potrà far seguito, su base volontaria, la somministrazione della nuova molecola sperimentale.
L’esame previsto è una PET/TC: la procedura è la stessa utilizzata nella pratica clinica, ma la partecipazione alla sperimentazione prevede un tempo leggermente più lungo all’interno del macchinario, per consentire l’acquisizione delle immagini con il radiofarmaco innovativo.
Per ottenere informazioni o manifestare il proprio interesse a partecipare allo studio è possibile scrivere all’account di posta elettronica: studiclinicimednuc@hsr.it.