Parkinson: i carotenoidi sono biomarcatori dell’efficacia terapeutica

I carotenoidi sono utili per valutare se la terapia riabilitativa nelle persone con malattia di Parkinson sarà efficace o meno. I ricercatori della Fondazione Don Gnocchi hanno, infatti, scoperto che avere livelli più bassi di questi pigmenti liposolubili nel sangue, prima dell’inizio della riabilitazione, si accompagna a una migliore risposta al trattamento.

Lo studio VIRTREAD-PD

Pubblicato sulla rivista Redox Biology, lo studio è stato condotto dal Laboratorio di Nanomedicina e Biofotonica Clinica (LABION) dell’IRCCS Fondazione Don Gnocchi di Milano. La ricerca si è svolta nell’ambito del progetto VIRTREAD-PD, coordinato dalla professoressa Francesca Cecchi dell’IRCCS Don Gnocchi di Firenze.

Lo studio ha coinvolto 30 pazienti con Parkinson, sottoposti a un programma di riabilitazione motoria presso l’IRCCS Don Gnocchi di Firenze. Utilizzando la spettroscopia Raman, tecnologia d’avanguardia ancora poco diffusa nella pratica clinica. 

La ricerca ha come obiettivi stabilire l’efficacia della riabilitazione su tapis roulant con realtà virtuale aumentata e identificare biomarcatori (da parametri clinici motori e cognitivi a parametri strumentali motori, a proteine nel sangue) che possano predire la risposta al trattamento

I ricercatori hanno analizzato il sangue dei pazienti prima del trattamento e dopo otto settimane di trattamento, concentrandosi sulle nanoparticelle naturali circolanti – in particolare, i carotenoidi e le vescicole extracellulari (EVs), piccole “bolle” rilasciate dalle cellule nel fluido extracellulare contenenti proteine, RNA e altre molecole – come possibili biomarcatori della risposta riabilitativa.

Alice Gualerzi, biologa e ricercatrice LABION, spiega: «La spettroscopia Raman permette di analizzare in modo non invasivo la composizione molecolare delle particelle circolanti nel sangue, fornendo informazioni dettagliate e oggettive sui cambiamenti biochimici indotti dalla riabilitazione».

La scoperta apre la strada alla possibilità di profilare i pazienti prima dell’avvio della riabilitazione, ottimizzando così i protocolli terapeutici e le risorse del sistema sanitario.

Marzia Bedoni, biologa, responsabile scientifico e co-fondatrice del LABION, commenta: «L’identificazione di biomarcatori predittivi oggettivi e misurabili rappresenta una svolta per la medicina riabilitativa, perché permette di migliorare la sola valutazione clinica soggettiva e di basare le decisioni terapeutiche su dati scientifici solidi e oggettivi. Questo consente di personalizzare i trattamenti in base alle caratteristiche biologiche del singolo paziente e ottimizzare le risorse del sistema sanitario, indirizzando i trattamenti più intensivi ai pazienti che hanno maggiori probabilità di trarne beneficio e migliorando la prognosi e la qualità di vita dei pazienti».

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui