Alzheimer: documento SIN per l’introduzione delle terapie innovative

La terapia della malattia di Alzheimer è giunta a un traguardo storico grazie ai primi farmaci realmente efficaci, come lecanemab e donanemab. Tuttavia, queste terapie potranno essere prescritte solo in condizioni specifiche e a pazienti accuratamente selezionati.

Alla luce di questa situazione, la Società Italiana di Neurologia ha promosso e coordinato la redazione dell’EPA – Expert Panel on Alzheimer’s Disease, un documento di riferimento che definisce criteri, percorsi e standard per l’applicazione clinica di queste nuove terapie nel contesto del Servizio Sanitario Nazionale.

EPA: i punti chiave

L’EPA nasce da un’ampia collaborazione tra la SIN e numerose società scientifiche italiane – tra cui la Società Italiana di Medicina Nucleare, la Società Italiana di Radiologia Medica, la Società Italiana di Biochimica Clinica, la Società Italiana di Geriatria e Gerontologia, e la Società Italiana di Psicogeriatria – con il contributo di esperti in neurologia, geriatria, neuroradiologia, biochimica clinica e medicina nucleare.

«L’EPA è un’iniziativa che la SIN ha fortemente voluto per costruire un linguaggio comune e un percorso condiviso tra tutte le discipline coinvolte nella gestione della malattia di Alzheimer», spiega il professor Alessandro Padovani, presidente uscente SIN. «Abbiamo ritenuto necessario riunire tutte le competenze per definire in modo chiaro chi potrà accedere alle nuove terapie, come diagnosticare precocemente la malattia e come monitorare i pazienti nel tempo. È un lavoro che mira a rendere accessibili queste opportunità terapeutiche in modo equo su tutto il territorio nazionale».

Il documento affronta in maniera organica tutti gli aspetti fondamentali per la corretta implementazione delle nuove terapie anti-Alzheimer.

  • Definisce i criteri per la selezione dei pazienti, individuando come candidati ideali coloro che presentano decadimento cognitivo o demenza di grado lieve, dovuta alla malattia di Alzheimer. È importante sottolineare che queste terapie non sono indicate per tutti i pazienti né per tutti gli stadi della malattia.
  • Tratta ampiamente la diagnosi precoce e appropriata, con l’obiettivo è quello di stabilire criteri chiari per l’individuazione dei pazienti nelle fasi iniziali e di semplificare il percorso diagnostico, evitando esami invasivi o costosi quando non necessari.
  • Promuove l’impiego dei biomarcatori plasmatici come valida alternativa ai marcatori liquorali e alle indagini PET, così da garantire una maggiore accessibilità diagnostica in tutte le regioni italiane. In collaborazione con SIBioC – Società Italiana di Biochimica Clinica e Biologia Molecolare Clinica, sono in corso la validazione dei parametri biochimici, la definizione dei cut-off e la standardizzazione dei protocolli.
  • Definisce quali tipologie di risonanza magnetica e di indagine PET utilizzare per identificare i pazienti più idonei e ridurre il rischio di effetti collaterali. In questo ambito il contributo della radiologia e della medicina nucleare è fondamentale.
  • Lavora alla definizione dei criteri clinici per riconoscere le persone fragili, pre-fragili o complesse, che potrebbero non essere candidati ideali per questi trattamenti, con la Società Italiana di Geriatria.
  • Rivolge attenzione all’equità di accesso e al rafforzamento della rete dei Centri per i Disturbi Cognitivi e le Demenze (CDCD), che avranno un ruolo centrale nella selezione e nel monitoraggio dei pazienti, assicurando uniformità di trattamento su tutto il territorio nazionale.

Il documento rappresenta una base operativa per costruire un ecosistema sanitario pronto ad accogliere le nuove terapie. Le società scientifiche coinvolte stanno già elaborando documenti attuativi che definiranno in modo puntuale i protocolli diagnostici e terapeutici.

Il progetto non riguarda solo neurologi e geriatri, ma coinvolge l’intero percorso di cura: infermieri, psicologi, neuropsicologi e tutti gli operatori dei CDCD. È un passo decisivo verso un upgrading strutturale e culturale del sistema sanitario nella gestione della malattia di Alzheimer.

«Oggi stiamo gettando le fondamenta di un percorso che cambierà radicalmente la gestione dell’Alzheimer in Italia» sottolinea il professor Padovani. «Serve tempo per costruire un sistema pronto, efficiente e uniforme, ma l’obiettivo è chiaro: intercettare precocemente i pazienti che possono beneficiare di queste terapie e garantire loro un accesso equo e sicuro, ovunque si trovino».

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