In occasione del Congresso Annuale della Società Americana di Oncologia Clinica (ASCO) 2025, Roche ha presentato i risultati relativi a due studi, riguardanti il tumore al seno e il tumore al polmone a piccole cellule in stadio esteso.
Tumore al polmone: atezolizumab in combinazione con lurbinectedina
I dati, pubblicati su The Lancet, riguardano lo studio di fase III IMforte su atezolizumab in combinazione con lurbinectedina come trattamento di mantenimento in prima linea per pazienti con carcinoma polmonare a piccole cellule in stadio esteso (ES-SCLC), dopo terapia di induzione con carboplatino, etoposide e atezolizumab.
I risultati dell’indagine hanno evidenziato che questa combinazione ha ridotto il rischio di progressione della malattia o di morte del 46% e il rischio di morte del 27%, rispetto alla sola terapia di mantenimento con atezolizumab.
I pazienti dello studio IMforte hanno completato quattro cicli di atezolizumab in combinazione con la chemioterapia, in circa tre mesi, prima di essere randomizzati al trattamento di mantenimento. Dal momento della randomizzazione, la sopravvivenza globale (OS) mediana per lo schema atezolizumab e lurbinectedina è stata di 13,2 mesi rispetto ai 10,6 mesi del solo atezolizumab (hazard ratio stratificato [HR] = 0,73; IC 95%: 0,57–0,95; p = 0,0174).
La sopravvivenza libera da progressione (PFS) mediana secondo una valutazione indipendente è stata rispettivamente di 5,4 mesi contro 2,1 mesi (HR stratificato = 0,54, IC 95%: 0,43–0,67; p < 0,0001). Non sono stati osservati nuovi eventi avversi.
«Il carcinoma polmonare a piccole cellule è una malattia che, per le caratteristiche biologiche con cui si presenta, risulta essere particolarmente aggressiva. Al momento della diagnosi, infatti, la patologia si riscontra già allo stadio esteso nel 70% dei casi e solo un paziente su cinque sopravvive per più di due anni – ha dichiarato Filippo de Marinis, presidente AIOT – Associazione Italiana di Oncologia Toracica, direttore della Divisione di Oncologia Toracica dell’IRCCS Istituto Europeo di Oncologia di Milano.
I risultati dello studio IMforte sono molto incoraggianti e potrebbero cambiare la pratica clinica, dal momento che offrono significativi benefici in termini di sopravvivenza a pazienti che fino a poco tempo fa avevano opzioni di cura limitate.»
«Nello studio IMforte, il regime di mantenimento con atezolizumab e lurbinectedina ha prolungato in modo significativo la sopravvivenza dei pazienti affetti da tumore polmonare a piccole cellule in stadio esteso – ha aggiunto Levi Garraway, MD, PhD, Chief Medical Officer e Head of Global Product Development di Roche.
Questo studio si basa sul concolidato profilo di sicurezza ed efficacia di atezolizumab, la prima immunoterapia per questo tipo di tumore e può fornire una soluzione aggiuntiva per aiutare medici e pazienti a trattare meglio il microcitoma in stadio esteso».
Tumore al seno: inavolisib porta a miglioramenti significativi
Roche ha presentato i risultati finali positivi dell’analisi della sopravvivenza globale dello studio di fase III INAVO120. I dati dello studio sono pubblicati sul New England Journal of Medicine (NEJM).
Le ricerche mostrano che inavolisib in combinazione con palbociclib e fulvestrant riduce il rischio di morte di oltre il 30% rispetto alla combinazione di palbociclib e fulvestrant. Si tratta di un miglioramento statisticamente significativo e clinicamente rilevante per le persone con tumore al seno localmente avanzato o metastatico, endocrino resistente, HR-positivo (positivo al recettore ormonale), HER2-negativo (negativo al recettore 2 del fattore di crescita epidermico umano), con mutazione PIK3CA.
Il regime a base di inavolisib ha dimostrato un significativo beneficio in termini di sopravvivenza globale (OS) rispetto a palbociclib e fulvestrant da soli.1 L’OS mediana è stata di 34,0 mesi (95% CI: 28,4–44,8) per i pazienti nel braccio inavolisib, rispetto ai 27,0 mesi (95% CI: 22,8–38,7) nel braccio palbociclib e fulvestrant (hazard ratio stratificato [HR] = 0,67; 95% CI: 0,48–0,94; p = 0,0190 [limite = 0,0469]).1 Il beneficio osservato nel ritardare la progressione del tumore è mantenuto nell’analisi aggiornata, con il regime basato su inavolisib che mostra un miglioramento costante nella PFS mediana di 17,2 mesi rispetto ai 7,3 mesi (HR stratificato = 0,42, 95% CI: 0,32-0,55) nel braccio di confronto.
Il regime basato su inavolisib ha anche dimostrato un miglioramento statisticamente significativo nel tasso di risposta obiettiva (la percentuale di pazienti in cui il cancro scompare completamente o si riduce significativamente dopo il trattamento) e le analisi esploratiorie condotte ad hoc hanno mostrato che è in grado di estendere in modo sostanziale il tempo libero dalla chemioterapia di circa due anni (HR stratificato = 0,43; 95% CI: 0,30-0,60).1 Non sono stati osservati nuovi rischi di sicurezza al momento dell’analisi finale dell’OS, con una bassa interruzione dovuta a eventi avversi, dati che confermano una buona tollerabilità.
Il regime a base di inavolisib è approvato negli Stati Uniti, in Svizzera, Canada, Australia, negli Emirati Arabi Uniti e in Cina. A maggio ha ricevuto il parere positivo dal Comitato per i Medicinali ad Uso Umano (CHMP) dell’Agenzia Europea per i Medicinali e la decisione finalerelativa all’approvazione della Commissione Europea è prevista nel prossimo futuro. I dati dello studio INAVO120 sono attualmente in fase di valutazione da parte di altre autorità regolatorie globali.
«Per la prima volta, un farmaco che agisce in modo mirato sulla via di segnalazione PI3K ha dimostrato di poter migliorare la sopravvivenza delle persone con questo sottotipo di tumore al seno – ha dichiarato Levi Garraway.
Inavolosib rappresenta un esempio del nostro impegno costante nel migliorare la prognosi delle pazienti con questa comune mutazione PIK3CA, per le quali sono necessarie opzioni di trattamento più efficaci».
«Questi importanti dati relativi al regime contenente inavolisib hanno mostrato non solo di raddoppiare la sopravvivenza libera da progressione, ma soprattutto che la combinazione è in grado di prolungare la vita e ritardare il tempo alla chemioterapia – ha sottolineato Nicholas Turner, autore principale dello studio, professore di Oncologia Molecolare presso l’Institute of Cancer Research e consulente Oncologo Medico presso il Royal Marsden NHS Foundation Trust di Londra, Regno Unito.
Questi risultati ci fanno pensare che questo regime potrebbe diventare il nuovo standard di cura nel setting di prima linea, dal momento che ha dimostrato un beneficio sostanziale sugli esiti clinici dei pazienti e sulla loro qualità della vita».