Fibrosi polmonare: verso una nuova era

Pubblicati su NEJM e presentati in contemporanea al congresso dell’American Thoracic Society – ATS, a San Francisco, i risultati di due importanti studi su nerandomilast, terapia innovativa per la fibrosi polmonare che ha visto protagonista Luca Richeldi del Gemelli di Roma. Altresì, grazie allo studio GENESI portato avanti da Fondazione Policlinico Gemelli e Università di Catania si procede nella ricerca di biomarcatori di diagnosi precoce.

La fibrosi polmonare rappresenta una malattia molto seria, che, dal momento della diagnosi ha una prognosi di vita che oscilla tra 3 e 5 anni. I potenziali nuovi farmaci testati nel corso dell’ultimo decennio sono tutti falliti negli studi di fase 2 e 3. Tuttavia, al congresso annuale dell’American Thoracic Society – ATS, ospitato a San Francisco dal 16 al 21 maggio, sono stati presentati i risultati di due studi di fase 3, condotti con nerandomilast, un nuovo farmaco testato sia su pazienti con fibrosi polmonare idiopatica che nelle forme di fibrosi polmonare progressiva secondarie.

Il nuovo farmaco: nerandomilast

Nerandomilast è un inibitore selettivo delle fosfodiesterasi 4B, a somministrazione orale, che potrà essere combinato anche con i farmaci preesistenti: nintedanib – attuale farmaco anti-fibrotico di riferimento per la malattia – o pirfenidone.

I due trial di fase 3 sono stati pubblicati lo scorso 18 maggio, contemporaneamente alla presentazione all’ATS, sul New England Journal of Medicine. Principal Investigator globale dello studio, primo autore dello studio sulla fibrosi polmonare idiopatica nonché autore dello studio sulle fibrosi secondarie in qualità di componente dello steering committe, Luca Richeldi, ordinario di Malattie dell’apparato Respiratorio all’Università Cattolica del Sacro Cuore e direttore della UOC di Pneumologia di Fondazione Policlinico Gemelli IRCCS.

Verso un cambio di paradigma nella fibrosi polmonare

«La pubblicazione di questi due studi – ha commentato Richeldi – rappresenta un passaggio epocale perché apre ad una nuova generazione di farmaci per pazienti che hanno avuto finora a disposizione opzioni terapeutiche molto limitate e da ora in poi potranno anche giovarsi di trattamenti combinati con più farmaci. Nerandomilast, oltre ad aver dimostrato una chiara efficacia nel rallentare la progressione della fibrosi polmonare idiopatica – IPF, usato da solo, ha anche minori effetti collaterali delle terapie precedenti (il più comune effetto indesiderato è risultato essere la diarrea)».

I risultati emersi

Lo studio ha randomizzato 1.177 pazienti trattati con nerandomilast 9 o 18 grammi die o placebo. Nel corso delle 52 settimane di durata del trial clinico, il farmaco ha ridotto di oltre il 50% la progressione di malattia e, nelle forme non idiopatiche di fibrosi ha mostrato una riduzione della mortalità. La duplice indicazione – sia per le forme idiopatiche che per quelle secondarie – amplia il ventaglio di patologie da trattare con questo farmaco tra cui malattie polmonari secondarie a patologie autoimmuni o le patologie da esposizione o da farmaci.

Un unico farmaco per diverse patologie

«Un unico farmaco, il nerandomilast – ha proseguito Richeldi – si è dimostrato efficace nel trattamento di patologie considerate finora molto diverse. E pur non “guarendo” dalla fibrosi polmonare – una volta instauratosi il danno polmonare non regredisce –, nerandomilast rappresenta un passo avanti epocale per il trattamento di questa condizione. Importante anche aver centrato un altro endpoint: il nuovo farmaco ritarda l’inizio dell’ossigeno-terapia che, nella mia esperienza, è estremamente invalidante per questi pazienti, al punto di limitare (e a volte cancellare) la loro vita sociale, determinando importanti ricadute negative sulla qualità di vita».

Guardando al futuro: next step

«Il prossimo step al quale stiamo lavorando – ha rivelato Richeldi – sarà uno studio della durata di due anni in pazienti con la forma più precoce di malattia, detta ILA (interstitital lung abnormalities), trattati con nerandomilast per cercare di capire se trattare la malattia in fase preclinica o subclinica possa rallentarne ulteriormente la progressione e addirittura prevenire l’emergenza dei sintomi della fibrosi polmonare».

Lo studio GENESI: puntare alla diagnosi precoce di IPF

Per quanto a breve i pazienti con fibrosi polmonare idiopatica disporranno del nuovo farmaco – nerandomilast – la diagnosi precoce resta fondamentale. Difatti il farmaco, per quanto rallenti la progressione di malattia, non è in grado di azzerare i danni polmonari già occorsi.

Per arrivare a terapie più mirate e a target, è necessario quindi investire in ricerca per comprendere le cause di malattia e i biomarcatori di diagnosi precoce. In questa direzione va lo studio GENESI, avviato da qualche mese da Fondazione Policlinico Gemelli e Università di Catania. Lo studio si inserisce tra le iniziative finanziate dal PNRR, avrà durata biennale e ha coinvolto 200 pazienti con la forma idiopatica di malattia e 400 loro familiari di primo grado.

Il rischio familiare nella fibrosi idiopatica

«Nella fibrosi polmonare idiopatica – ha spiegato ancora Richeldi – c’è una componente di rischio familiare; per questo nello studio GENESI, oltre ad arruolare pazienti con IPF da studiare dal punto di vista genetico – la ricerca di mutazioni e alterazioni geniche verrà effettuata presso il Policlinico Gemelli su un ampio pannello di geni –, sono coinvolti anche i parenti di primo grado over 40 di questi pazienti, che vengono valutati con la TAC ad alta risoluzione e prove respiratorie funzionali per scoprire l’eventuale presenza di iniziale fibrosi».

Per quanto sia noto che esiste una suscettibilità multi-genica, non è chiara la componente genetica della fibrosi idiopatica. «I fattori di rischio principali per IPF sono il fumo di sigaretta, le esposizioni ambientali, il reflusso gastro-esofageo, oltre a questa componente genetica, non ancora ben definita e classificata».

Il sotto-studio sull’auscultazione del torace e le potenzialità dell’AI

Lo studio GENESI comprende anche un sotto-studio sull’auscultazione del torace. «I cosiddetti “rantoli a velcro” che si presentano all’auscultazione del torace di questi pazienti – ha chiarito Richeldi – sono indicatori molto sensibili e precoci della presenza di fibrosi polmonare. Con questo studio cercheremo dunque, in collaborazione con ingegneri acustici, anche di validare l’auscultazione del torace attraverso un’analisi dei suoni, effettuata grazie agli stetoscopi elettronici (l’orecchio medico del terzo millennio) e algoritmi di intelligenza artificiale. Questo ci consentirà di capire se le persone con alterazioni alla TAC presentano anche un’alterazione dei suoni polmonari, registrati dagli stetoscopi elettronici, perché questo renderebbe molto più semplice e fattibile lo screening sui familiari e sulle persone a rischio IPF. L’auscultazione del torace attraverso gli stetoscopi elettronici potrebbe configurare una nuova modalità di screening, senza le radiazioni della TAC e a basso costo, effettuabile anche presso l’ambulatorio del Medico di famiglia. Da questa analisi potrebbe scaturire anche uno strumento di intelligenza artificiale, in grado di identificare le caratteristiche dei suoni polmonari collegati alla presenza di questa malattia polmonare».

«La partecipazione allo studio GENESI non solo contribuirà a potenziare la ricerca scientifica sulla fibrosi polmonare, ma offrirà ai partecipanti anche l’opportunità di monitorare la propria salute respiratoria. I familiari dei pazienti, infatti, potrebbero scoprire se sono a rischio di sviluppare la malattia, permettendo ai medici di intraprendere azioni preventive, come controlli regolari o trattamenti precoci» ha concluso il dottor Giacomo Sgalla, responsabile della UOS Fibrosi Polmonari di Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui