Test genetici di ultima generazione – come il sequenziamento di genoma ed esoma –, ma anche farmacogenetica, oncogenetica e oncogenomica, medicina riproduttiva vedono una crescente centralità del genetista medico, figura fondamentale non solo nella pratica clinica ma anche nella pianificazione e gestione delle risorse disponibili del SSN. Ed è stato proprio a questa figura che è stato dedicato il convegno “Il ruolo del genetista medico. Percorso aperto per la valorizzazione della figura del genetista nel SSN” ospitato a Roma presso l’auditorium del Ministero della Salute.
Il genetista nella diagnostica e nella personalizzazione delle cure
«La genetica rappresenta ormai un pilastro fondamentale per la diagnostica e per la personalizzazione delle cure. È opinione diffusa che i genetisti medici lavorino soprattutto in laboratorio, nell’eseguire test genetici sempre più complessi, ma oggi il genetista clinico è soprattutto un medico a tutti gli effetti e per sua formazione deve riuscire ad avere una visione globale delle problematiche delle persone che lo consultano», ha spiegato il prof. Paolo Gasparini, presidente della Società Italiana di Genetica Umana.
Una figura cruciale per l’oncologia, la medicina riproduttiva, e finanche per il complesso mondo delle malattie rare, che per larga maggioranza hanno una causa genetica.
«Il genetista è la figura in grado di ottenere la profilazione genomica di un tumore, così da permettere un percorso terapeutico mirato. Ed è sempre il genetista in grado di fornire informazioni sulla familiarità della patologia oncologica, gestendo le indagini genetiche a cascata per i familiari.
Ancora, è il genetista medico ad affiancare le coppie che si apprestano ad affrontare un percorso di procreazione medicalmente assistita – PMA con diagnosi preimpianto, rappresentando anche uno degli specialisti in grado di porre il sospetto clinico in caso di malattia rara».
Integrare il genetista nei percorsi diagnostici
L’integrazione del genetista nei percorsi diagnostici, a partire dalla prevenzione, può ridurre l’incidenza di malattie ereditarie, genetiche e rare, consentendo interventi preventivi in grado di migliorare la qualità di vita dei pazienti.
Si tratta di una figura professionale essenziale per ridurre i tempi di diagnosi e rendere i percorsi di cura più rapidi ed efficienti; inoltre, grazie a diagnosi precoci e interventi mirati, il genetista può aiutare a ridurre significativamente costi e sprechi evitando terapie inadeguate o tardive.
La sfida della sostenibilità
Numerose sono le sfide che il SSN si trova difronte, a partire dalla sostenibilità e dalla corretta stima delle risorse necessarie. Tuttavia la prevenzione rappresenta ancora una volta un asset essenziale, argomento sul quale si sono concentrati i rappresentanti istituzionali intervenuti.
«Per fare prevenzione bisogna conoscere la composizione della popolazione – ha sostenuto il sen. Ignazio Zullo, membro della Commissione X Affari Sociali, Sanità, Lavoro Pubblico e Privato, Previdenza Sociale del Senato della Repubblica – capire che le malattie rare sono una priorità, così come la presa in carico dei pazienti anziani.
Ci sono molte patologie a trasmissione genetica, e tutti questi aspetti devono essere affrontati con un approccio multidisciplinare che oggi deve necessariamente comprendere il genetista clinico.
Per questo auspico che il mondo istituzionale comprenda pienamente l’impatto della genetica nella medicina contemporanea. A tal fine sono a disposizione per proseguire questo percorso di confronto e per produrre gli atti parlamentari idonei a portare avanti questo fondamentale obiettivo».
Inserire stabilmente il genetista medico in ogni azienda sanitaria
«In un momento in cui si parla sempre più spesso di medicina di precisione e di prevenzione, è fondamentale valorizzare il ruolo del genetista medico, figura centrale per affrontare con efficacia le grandi sfide del SSN – ha sottolineato l’on. Francesco Ciancitto, Commissione XII Affari Sociali, Camera dei Deputati. Difatti la prevenzione senza il contributo del genetista medico perde efficacia, senza contare che non è possibile costruire percorsi di medicina personalizzata in sua assenza.
«Per questo è essenziale che in ogni azienda sanitaria locale sia prevista la presenza stabile di questa figura professionale, affinché la genetica medica diventi una risorsa strutturale e accessibile per tutti i cittadini».
«L’impegno di SIGU è assicurarsi che vengano formati specialisti in medicina genomica – ha ricordato Brunella Franco, ordinario di Genetica Medica, Dipartimento di Scienze Mediche Traslazionali, Università Federico II, ricercatore dell’Istituto Telethon di Genetica e Medicina e docente presso la Scuola Superiore meridionale, Napoli – cioè medici che siano in grado di stare al passo con il continuo evolvere della genetica.
I genetisti devono prima di tutto avere una formazione completa dal punto di vista clinico, che li prepari anche all’avvento di tutte le nuove terapie, che presuppongono un modello assistenziale completamente diverso da quello del passato.
Dopodiché dovranno specializzarsi ulteriormente su: oncogenomica, farmacogenetica, medicina riproduttiva, malattie rare, bioinformatica; queste sono le sfide alle quali il nostro SSN deve rispondere quotidianamente.
Infine, tutti gli interlocutori concordano nella necessità di un riconoscimento, da parte del Ministero della Salute, della certificazione SIGUCERT per i laboratori di genetica, che devono garantire un elevato standard qualitativo e di competenza».
Altresì alcuni step sono indispensabili per un riconoscimento di questa figura: l’inserimento del genetista nei tavoli decisionali, come il Consiglio Superiore di Sanità, e nella definizione dei LEA.
Il genetista potrebbe essere un supporto per la gestione di pazienti adulti con patologie genetiche rare diventando il disease manager con funzioni di coordinamento degli altri specialisti per una reale presa in carico.