Reumatologia: dalle terapie biologiche alla medicina personalizzata

La salute di 6,5 milioni di italiani affetti da circa 200 malattie reumatologiche impone una revisione urgente delle strategie di gestione clinica e di accesso farmacologico. In occasione della Giornata Mondiale delle Malattie Reumatologiche, 12 ottobre 2025, la Società Italiana di Reumatologia – SIR, nel corso di una conferenza stampa promossa il 9 ottobre scorso a Roma, presso il Senato della Repubblica, ha evidenziato le criticità del sistema, ponendo l’accento sulla necessità di ottimizzare l’uso delle terapie innovative e di superare i gravi ritardi diagnostici che aggravano il carico assistenziale e i costi sociosanitari.

Il costo del ritardo diagnostico

L’impatto economico delle malattie reumatologiche è colossale: basti pensare che solo l’artrite reumatoide in Italia ha un costo complessivo annuo superiore ai 2 miliardi di euro. Gran parte di questa spesa è correlata alla gestione delle conseguenze, che potrebbero essere mitigate da un intervento più tempestivo nonché da prevenzione primaria ed eliminazione di fattori di rischio modificabili: dal fumo alla sedentarietà, al sovrappeso.

Il cuore del problema risiede nel tempo che intercorre tra l’insorgenza dei sintomi e la conferma diagnostica, un fattore che pregiudica l’efficacia delle terapie: «Sono necessari in media 7 anni per scoprire di soffrire di artrite psoriasica, 5 per la spondilite anchilosante, 3 per la sclerosi sistemica e 2 per l’artrite reumatoide», ha illustrato il past president SIR, Gian Domenico Sebastiani.

Sebastiani ha avvertito che se non diagnosticate e trattate precocemente, «queste malattie – che non colpiscono solo gli anziani, come spesso si è portati erroneamente a credere – possono portare a danni irreversibili, con conseguenti costi sanitari (trattamenti farmacologici, ricoveri ospedalieri e riabilitazione) e sociali (giorni lavorativi persi, riduzione del reddito, necessità di sussidi di disoccupazione e invalidità)».

La sfida dell’innovazione terapeutica e della personalizzazione

Nonostante le criticità del sistema, la speranza è riposta nell’evoluzione dell’armamentario farmacologico. Negli ultimi 15 anni, la maggiore conoscenza dei meccanismi patogenetici ha permesso l’introduzione di nuovi immunosoppressori e farmaci biologici capaci di modificare il decorso della malattia, rendendo la remissione sempre più frequente, anche per periodi prolungati.

La nuova frontiera clinica è la medicina personalizzata. Come ha chiarito Roberto Caporali, presidente eletto SIR: «Oggi la nuova frontiera si chiama ‘medicina personalizzata’ e consiste nel provare a definire il farmaco giusto, per il paziente giusto, al momento giusto».

Questo approccio avanzato richiede l’impiego precoce dei farmaci disponibili e si basa sull’analisi dei biomarcatori – l’innovazione consente di intercettare le malattie addirittura prima che producano sintomi, grazie al dosaggio di specifici auto-anticorpi – e all’ottimizzazione della terapia: attraverso «indagini precise, l’analisi dei biomarcatori e quella dei tessuti, possiamo cercare di trovare il farmaco migliore per ogni singolo paziente, riducendo il più possibile la quota di coloro che non rispondono alla terapia».

Necessarie Reti e PDTA

Per sfruttare appieno il potenziale dell’innovazione, il sistema deve superare però la sua frammentazione. La problematica del ritardo diagnostico è strettamente «legata alla mancanza di specialisti reumatologi sul territorio e all’assenza di reti che consentano di prendere in carico i pazienti nel setting di cura più adeguato a seconda della complessità del singolo caso» ha enfatizzato Sebastiani.

La SIR ha invocato l’urgenza di: realizzare PDTA che definiscano un iter appropriato, secondo le linee guida, al fine di garantire al paziente la miglior assistenza possibile; assicurare la formazione dei medici di medicina generale che, in quanto primi referenti, devono essere sensibilizzati all’individuazione di queste patologie; un potenziamento dell’assistenza tramite l’accesso equo alle terapie innovative nei LEA, il potenziamento della telemedicina e l’approccio multidisciplinare.

L’appello finale della Società Italiana di Reumatologia sottolinea che solo un’azione concreta e integrata — che include anche una maggiore formazione per i professionisti sanitari per migliorare l’aderenza ai trattamenti — potrà garantire la possibilità di cura, remissione e qualità di vita per tutti i pazienti, obiettivo in linea con il Disegno di legge n. 946 sulla riforma dell’assistenza reumatologica.