Il corredo dei farmaci per il trattamento delle infezioni fungine invasive si allarga grazie alla disponibilità negli ospedali italiani di rezafungina, antifungino sviluppato da Mundipharma e appartenente al gruppo delle echinocandine, indicato per il trattamento della candidemia e della candidosi invasiva nei pazienti adulti.
Un’opzione in più, soprattutto, nei confronti dei microrganismi resistenti ai trattamenti attuali come ha ricordato Matteo Bassetti, direttore della Clinica Malattie Infettive dell’Irccs Policlinico San Martino di Genova e professore di Malattie Infettive all’Università di Genova in occasione della conferenza di lancio del farmaco.
«Purtroppo, negli ultimi anni stiamo assistendo a un fenomeno preoccupante», spiega: «la resistenza antimicotica, che si verifica quando i funghi responsabili delle infezioni fungine sviluppano la capacità di resistere a molti dei farmaci utilizzati per il trattamento, rendendo questi ultimi inefficaci. Questo fenomeno, insieme alla resistenza agli antibiotici, rappresenta una delle maggiori minacce per la salute pubblica globale».
Alti tassi di mortalità
Secondo un recente rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) le malattie fungine invasive – che, come dice il nome, interessano organi in maniera invasiva – sono in aumento. Oggi più di 150 milioni di persone sono affette da forme che nella maggior parte dei casi sono mucocutane e lievi, ma in altre possono diventare sistemiche e pericolose per la vita. Soprattutto in caso di microrganismi resistenti contro i quali, i farmaci disponibili sono pochi.
In Italia circa 29 milioni le persone sono colpite ogni anno da infezioni fungine, il 6,6% delle quali sono invasive. Queste infezioni sono tra le principali cause di mortalità e una delle principali cause di disabilità in tutto il mondo e si stima che causino la morte di 1,6 milioni di persone, con un tasso di mortalità tre volte superiore a quello della malaria.
Chi è a rischio
I pazienti più a rischio di sviluppare infezioni fungine gravi come la candidosi invasiva e la candidemia sono quelli immunocompromessi per molteplici ragioni (per esempio, gli anziani e coloro che sono ricoverati in ospedale per lunghi periodi). Anche i pazienti con malattie polmonari croniche, malattie epatiche o renali, infezioni virali delle vie respiratorie, Hiv e diabete mellito sono a rischio più elevato.
Fino agli anni ‘80-‘90 queste infezioni erano quasi sconosciute perché i pazienti più fragili morivano prima per altre cause. Le infezioni come la candidemia erano tipiche dei pazienti onco-ematologico perché immunodepressi, ma oggi la platea dei soggetti fragili si è ampliata a causa del maggior uso di farmaci immunosoppressori.
Lotta all’antimicrobico resistenza
«La maggior parte delle infezioni fungine invasive è causata da diversi tipi di funghi, tra cui la Candida», ha aggiunto Marco Falcone, docente di Malattie infettive all’Università di Pisa e direttore dell’Unità di Malattie infettive dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Pisa, intervenuto alla conferenza.
«L’infezione più comune è la candidemia, per la quale i dati sulla sensibilità agli antimicotici hanno mostrato tassi di resistenza intorno al 40% con picchi del 90% per alcuni trattamenti.
Negli ultimi anni, la ricerca si è concentrata sulla sperimentazione di farmaci che potrebbero essere efficaci contro i ceppi più resistenti.
Oggi è disponibile anche in Italia la rezafungina, un nuovo farmaco appartenente al gruppo delle echinocandine. Si tratta di un passo fondamentale nella lotta contro questo fenomeno».
Migliorare l’appropriatezza prescrittiva
Nonostante il problema della resistenza ai farmaci la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti in questo ambito va a rilento, per diversi motivi. Per questo è importante utilizzare al meglio le nuove risorse nei confronti delle quali la resistenza è ancora limitata. Un principio questo alla base dell’antimicrobial stewardship, che secondo Bassetti l’Italia non sta usando al meglio perché focalizzato più sui costi che sull’appropriatezza prescrittiva.
Altro punto cruciale su cui i due esperti hanno puntato il dito è la presenza poco capillare di infettivologi sul territorio. Questi specialisti sono presenti soprattutto negli ospedali grandi e strutturati, mentre nei centri più piccoli la loro disponibilità è limitata. Con la conseguenza che a prescrivere le terapie non sempre è questa figura ma anche i diversi specialisti che di volta in volta si trovano ad affrontare un’infezione ospedaliera nel proprio reparto.
La conseguenza è che non sempre vi è appropriatezza prescrittiva. Lo dimostra anche un’indagine condotta da Bassetti e colleghi negli ospedali italiani ha mostrato che il 20% dei pazienti non riceve il trattamento antifungino appropriato.
Il peso economico
Non da ultimo, il fenomeno della resistenza antimicotica ha anche ripercussioni significative sul Servizio sanitario nazionale. Le infezioni fungine aumentano infatti la durata delle degenze ospedaliere dei pazienti. Solo per la candidemia, la degenza media di un paziente si prolunga di 5 giorni, con un aumento dei costi sanitari (10.000-37.000 dollari per paziente).
«Il significativo impegno nella ricerca e nello sviluppo ha permesso di soddisfare un’esigenza clinica non ancora soddisfatta nel trattamento dei pazienti affetti da candidosi invasiva», ha concluso Ida Pancaldo, direttore medico di Mundipharma Italia. «È fondamentale poter offrire agli operatori sanitari e ai loro pazienti, compresi quelli in Italia, l’accesso a una nuova alternativa terapeutica in grado di fornire un valido supporto nel contrasto al fenomeno della resistenza antimicotica».
