Glioblastoma, nuovo studio su terapia con elettroporazione

Ogni anno in Italia circa 1.500 persone vengono colpite dal glioblastoma, il tumore cerebrale maligno più frequente nell’adulto. La neoplasia ha una maggiore incidenza tra i 50 e i 65 anni, colpendo sia gli uomini (54%), sia le donne (46%), ma può presentarsi anche nei ragazzi tra i 15 e i 19 anni (7% del totale). La prognosi è in genere infausta, con una sopravvivenza mediana di circa 15 mesi dalla diagnosi (solo il 5,5% dei pazienti è vivo a cinque anni).

Alla luce di questi dati, molti ricercatori nel mondo stanno promuovendo sperimentazioni mirate a offrire nuove opzioni terapeutiche agli assistiti. Uno dei lavori più recenti, pubblicato sul Journal of Biomechanical Engineering, è stato condotto dagli studiosi dell’Università del Saskatchewan, in Canada, e delle Università di Fudan e di Shanghai, in Cina.

L’elettricità che uccide le cellule tumorali

La tecnica, che prevede il posizionamento di lunghi aghi attraverso il cranio e l’invio di impulsi di corrente elettrica nella neoplasia, è stata sperimentata in laboratorio.
In pratica, il team ha creato modelli tridimensionali di cellule cerebrali per applicare due metodi di ablazione: elettroporazione irreversibile (Ire o Nanoknife) ed elettroporazione irreversibile ad alta frequenza (H-Fire).

Entrambi i sistemi creano, senza l’impiego di energia termica, pori permanenti di dimensioni nanometriche nella membrana cellulare, interrompendo l’omeostasi e portando a morte la cellula stessa. Il primo utilizza impulsi elettrici unipolari, il secondo impulsi elettrici bipolari ad alta frequenza.

«I pazienti con tumori cerebrali possono ora avere a disposizione un’altra terapia locale, che non comporta l’apertura della scatola cranica, calore o radiazioni», ha commentato Mike Moser, chirurgo dell’Università del Saskatchewan e co-autore dello studio. «Un trattamento, dunque, più sicuro ed efficace rispetto a quelli già disponibili».

I ricercatori hanno, in particolare, scoperto che le cellule tumorali possono essere eliminate con un campo elettrico più ridotto rispetto a quello che sarebbe necessario per uccidere le cellule sane. Un risultato che suggerisce la possibilità di ablazione selettiva del tumore, riducendo al minimo il rischio per cellule, tessuti e vasi sanguigni circostanti.

Un varco nella barriera emato-encefalica

Il metodo ha anche un altro vantaggio: rendere possibile il trattamento del cancro al cervello con chemioterapia o con farmaci immunoterapici. Gli studiosi hanno, infatti, notato che il nuovo sistema crea un varco temporaneo nella barriera emato-encefalica, che di norma impedisce a molti medicinali di raggiungere il tumore.
«Questo aiuterebbe il paziente a combattere il tumore in modo sistematico», ha concluso Chris Zhang, ingegnere biomedico dell’Università del Saskatchewan e co-autore della ricerca.

Il prossimo passo nella sperimentazione prevede lo sviluppo di un metodo combinato di rimozione del tumore e immunoterapia utilizzando la tecnica H-Fire.