Approvato farmaco per anemia emolitica in pazienti con CAD

Red blood cells flowing through artery over grey background. 3D illustration.

La malattia delle agglutinine fredde è una rara patologia autoimmune multigenetica e multifattoriale che esordisce in età adulta, spesso dopo i 55 anni, e che determina anemia emolitica. Il paziente sviluppa anticorpi contro gli eritrociti, distruggendoli.

Questi anticorpi hanno, però, la caratteristica di essere freddi, ovvero di attivarsi sotto i 30°C, il che rende gli eventi di emolisi più frequenti in inverno, quando il soggetto si trova in un ambiente freddo o in presenza di un’infezione.
La prevalenza è di 1-9 casi ogni milione di individui e l’incidenza in Europa di 1/80.000.

Esistono casi di malattia delle agglutinine fredde primaria, di natura idiopatica, ma molto più spesso questa è secondaria ad altre patologie, come le malattie linfoproliferative, le malattie autoimmuni sistemiche e quelle neoplastiche.

Quando i sintomi siano lievi la terapia può consistere semplicemente nel tenere il paziente al caldo, sopra i 30 °C. Di norma la prognosi di questi pazienti è positiva, ma la qualità di vita cala notevolmente, minata da una costante sensazione di stanchezza.

Fino a qualche tempo fa non esistevano cure specifiche per trattare l’anemia emolitica in questi pazienti, ma di recente la Commissione Europea ha dato la propria approvazione per la commercializzazione del farmaco Enjaymo® (sutimlimab), anticorpo monoclonale umanizzato, appositamente disegnato per inibire la serina proteasi specifica della classica via del complemento, la C1s.

Il consenso europeo si basa sui risultati di due studi di fase III. Il primo è CADENZA, studio randomizzato controllato in doppio cieco nei quali i pazienti del gruppo di studio hanno ricevuto infusioni del farmaco in dose di 6,5 g o 7,5 g a seconda del peso corporeo, mentre gli altri un placebo. L’infusione è stata effettuata il giorno 0, il giorno 7 e poi una volta la settimana per le successive 26 settimane.

In CADENZA i soggetti inclusi dovevano non aver ricevuto trasfusioni nei 6 mesi precedenti. I risultati sono chiari. Il farmaco riesce a inibire l’emolisi, aumentando i livelli di emoglobina plasmatici, e a sostenere la crescita degli score di fatica Functional Assessment of Chronic Illness Therapy (FACIT)-Fatigue.
Anche il profilo di sicurezza è risultato buono, anche se Enjaymo® si è associato a ipertensione, rinite, fenomeno di Raynaud e acrocianosi, sviluppate solo dal gruppo di studio.
Anche il mal di testa sembra essere un effetto avverso. Il secondo studio, pilota e in aperto, si chiama CARDINAL ed è durato 26 settimane, coinvolgendo pazienti trasfusi da non molto tempo.

Il protocollo è simile al precedente, per dosi e tempi di infusione del farmaco. Anche in questo caso i risultati sono stati positivi, sebbene il 13% dei soggetti ha sviluppato eventi avversi gravi, come sepsi da streptococco e infezione da stafilococco della ferita, atralgia e infezioni del tratto respiratorio. Il prodotto sarà disponibile in soluzione da 50 mg/ml, da usare in infusione.

Stefania Somaré